Pillole di coaching

L’ottimismo, il profumo della vita.

Se una cosa non ti piace, cambiala. Se non la puoi cambiare, cambia il modo in cui pensi ad essa.

Mary Engelbreit

 

Avere più tempo per se stessi non sempre è una cosa positiva!

Il lavoro impegnativo, gli impegni familiari, la pratica sportiva che occupavano le nostre ore, i nostri giorni, i nostri pensieri, non ci forniscono più l’alibi, per rimandare, ancora una volta, quell’appuntamento con noi stessi e con la nostra consapevolezza. Ora le giornate sono molto più lunghe, il tempo sembra dilatarsi e abbiamo tutte le occasioni per fermarci e pensare chi siamo, dove vogliamo arrivare. Farsi delle domande ma soprattutto capire come, fino adesso, abbiamo affrontato le difficoltà e come stiamo reagendo a questa nuova avversità.

Diventare consapevoli dei nostri pensieri, conoscere meglio noi stessi, scoprire aspetti nuovi del nostro carattere, è come guardarsi ad uno specchio e riconoscere, nella sua totalità, la persona riflessa. Siamo capaci di farlo? O ci soffermiamo unicamente sui nostri difetti?

Tendenzialmente, siamo più portati a pensare a ciò che va male, piuttosto che a quello che va bene. Ci concentriamo maggiormente sugli aspetti negativi, sui difetti, sulle nostre mancanze, piuttosto che valorizzare tutto quello che di positivo abbiamo. Che non vuol dire indossare delle lenti rosa ed escludere totalmente l’analisi degli eventi o aspetti negativi, dai quali possiamo trarne validi insegnamenti, ma che continuare a rimuginare sulle cose negative ci predispone all’ansia e alla depressione.

Vi ricordate lo spot pubblicitario: Gianni, l’ottimismo è il profumo della vita? Diventato un tormentone, negli anni duemila, era diventata di uso comune. L’abbiamo ripetuta per anni per poi dimenticarcene.

Ma cos’è l’ottimismo? E perché l’ottimismo può arricchire la nostra vita?

Ottimismo e pessimismo corrispondono a due stili cognitivi diversi che adoperiamo per valutare la stessa realtà. E’ lo stile di attribuzione personale che utilizziamo per spiegare a noi stessi perché avvengono gli eventi che ci riguardano. L’ abbiamo appreso dalle nostre figure di riferimento, famiglia, insegnanti, durante la nostra infanzia fino all’adolescenza.

Martin E.P. Seligman il padre fondatore della Psicologia Positiva nel suo libro” Imparare l’ottimismo” afferma che le persone ottimiste sono quelle che ritengono che le situazioni negative siano estemporanee, (tutto prima o poi cambia), esclusive (il bene o il male non sono mai ovunque), personali (si è in parte responsabili della situazione), esigue (poteva andare peggio, ci sono problemi più gravi).

Se, abitualmente, utilizziamo una visione pessimistica saremo portati a credere che gli eventi negativi dureranno per sempre, che l’attribuzione delle avversità sia da imputare a noi e che non abbiamo alcuna possibilità di vincerle. Ci sentiremo quindi impotenti e impossibilitati a reagire precludendoci molte possibilità tra cui quella di non sfruttare completamente il nostro potenziale.

E’ per questo motivo che gli ottimisti convinti che il fallimento sia transitorio e circoscritto, hanno maggiore possibilità di riuscita nel mondo accademico, professionale e sportivo, ma soprattutto il loro sistema immunitario è più forte e per questo motivo hanno maggiori aspettative di vita.

La buona notizia è che secondo Martin E.P. Seligman l’ottimismo può essere appreso, non ripetendosi banalmente frasi motivazionali lette su qualche carta di cioccolatino, ma adottando un nuovo set cognitivo, cioè imparando a pensare in maniera diversa.

Chiederci cosa pensiamo quando sbagliamo. Cambiare i pensieri distruttivi che rivolgiamo a noi stessi quando affrontiamo gli ostacoli che, inevitabilmente, troviamo sul nostro cammino è un’abilità fondamentale per il nostro benessere e per la nostra felicità.

La vita ci pone davanti le stesse avversità le stesse tragedie, ma alcune persone “riescono letteralmente a chiudere in un cassetto i loro problemi e andare avanti”. Chi adotta un pensiero ottimista si rialza e ricomincia ad agire a differenza del pessimista che si arrende, precludendosi la possibilità di raggiungere la felicità.

La teoria della felicità infatti dice che il 50% della stessa è costituzionale, dipende dalla nostra ereditarietà, il 10% dipende dalle circostanze della vita e il 40% da fattori che sono sotto il nostro controllo, e cioè da come noi reagiamo agli eventi, dal nostro sistema attributivo personale: l’ottimismo.

E quindi? Non ci rimane che sfruttare al meglio questo tempo che, ci è concesso, per approfondire la conoscenza di noi stessi e perché no, per diventare più ottimisti.

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