Pillole di coaching

ESIBIZIONISMO O CARENZA DI AUTOSTIMA?

Mi piace navigare sui social, aprire Facebook o ancor meglio Instagram perchè leggendo e osservando i post si riesce ad avere una fotografia della società attuale, e viste le mie frequentazioni, soprattutto nell’ambito sportivo. Ciò che balza subito all’occhio è che esiste una ricerca smodata di approvazione o in gergo social una raccolta di like.

Per aumentare le nostre interazioni siamo disposti a tutto anche a improvvisarci registi, videomaker e filosofi, per realizzare veri e propri video documentari della nostra giornata tipo, da quando ci alziamo dal letto (a volte anche prima) a quando ci corichiamo.

Selfie in bagno, mentre ci alleniamo, mentre corriamo o pedaliamo e se ciò non bastasse a testimoniare che siamo atleti, ricorriamo alla foto dello schermo del nostro apparecchio elettronico, o all’immagine con la maglia e il viso sudati. Per nostra fortuna nessuno è ancora riuscito a replicare gli odori altrimenti diventerebbe drammatico.

A parte gli scherzi trascorriamo più tempo a ricercare l’approvazione degli altri piuttosto che dedicarci ad un momento che dovrebbe essere solo nostro, di crescita personale oltre che fisica.

Nulla viene lasciato al caso neanche l’hastag di riferimento o la frase ad effetto da vero motivatore. Come se dimostrare di provare sofferenza, agonia, dolore potessero indurre le persone a cominciare a praticare sport. Voglio augurarmi che non sia così, che nessuno pratichi sport perché senta la necessità di espiare qualche colpa.

Ho cercato di capire se la ricerca di conferme, di approvazione sociale possa costituire una motivazione estrinseca e per alcuni credo che possa realmente esserlo. Ed è preoccupante sapere che per allenarmi ho bisogno di qualcuno che mi approvi, che mi segua sui social, che mi dica che sono bravo e capace, perché nel momento in cui non ottengo più like non riesco a trovare nessun motivo per alzarmi dal divano e cominciare ad allenarmi.

La smodata ricerca di approvazione rappresenta il sintomo di chi non riesce ad apprezzare pienamente se stesso, se non negli occhi e nei pareri degli altri, con il risultato di possedere un’autostima altalenante e dipendente dal variare del numero dei like.

Tale dinamica si evidenzia molto bene nelle persone dai comportamenti arroganti, autocelebranti, che hanno il bisogno di essere sempre sotto i riflettori, al centro dell’attenzione. Queste persone è come se chiedessero implicitamente al mondo intero: “dimmi che esisto, dimmi che valgo”. E spesso sono disposte a tutto pur di ottenere un briciolo di attenzione, un attimo di gloria

La persona che invece gode di una buona autostima, resta ferma e salda, non aspetta le conferme dall’esterno, ma ha invece la percezione di se stesso come capace, efficace, in grado di incidere positivamente sulla realtà. Pur gioendo degli apprezzamenti, sa che possono esserci o meno, ma nulla tolgono al suo valore di essere umano se non arrivano. La persona con una sana immagine di sé è serena, e non si affanna a dimostrare al mondo quanto vale. Non ne sente il bisogno.

L’antico filosofo greco Aristotele ha affermato che… l’uomo è un animale sociale, ovvero tende per sua natura ad aggregarsi con altri individui e a costituirsi in società. Le motivazioni di questa “spinta” sociale che ha caratterizzato la storia umana da millenni sono da ricercarsi nel nostro processo evolutivo.

Successivamente Abram Maslow nella sua piramide dei bisogni, nel 1954, ha inserito, al terzo posto, il bisogno di appartenenza e stima. L’uomo dopo aver soddisfatto i bisogni primari fisiologici e di sicurezza, vuole essere amato ed accettato da chi lo circonda è uno dei nostri bisogni umani essenziali. Tale bisogno è così importante che una delle paure più diffuse è proprio la paura del giudizio degli altri. Temiamo di non venire accettati per via del nostro aspetto fisico, delle nostre origini, del nostro livello di educazione, del nostro lavoro, della nostra età, etc. Ognuno di noi teme di venir giudicato su un aspetto piuttosto che su un altro, ma alla base di tutto vi è il timore dell’umiliazione, dell’esclusione dal gruppo, dell’emarginazione.

Tendiamo così ad agire per ottenere il consenso degli altri per ogni nostra scelta o nostra azione, e se non la otteniamo la sofferenza è dietro l’angolo. Quando ciò accade all’interno della nostra cerchia di affetti, in maniera limitata, è abbastanza normale ma quando la paura di essere giudicati c’impedisce di agire liberamente è sicuramente un problema.

E quindi? Quale potrebbe essere la soluzione?

Impariamo ad accettarci, a credere in noi stessi e nelle nostre capacità indipendentemente dai commenti degli altri. Cerchiamo di essere convinti delle nostre scelte, dei nostri comportamenti, ricerchiamo il nostro valore come persona e non per quello che abbiamo realizzato, rispettiamo le nostre debolezze e annoveriamo i fallimenti come possibilità di crescita e non come sconfitte.

Diventare consapevoli dei propri punti di forza è il metodo più utile per accrescere la stima in noi stessi.

Perché l’autostima altro non è che il giudizio che noi diamo alla nostra persona, un’arma così potente da permetterci di vivere con maggiore benessere e soddisfazione indipendentemente dal numero di follower.

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