Pensieri di Viaggio
Race Across Limits Sicily: l’ascesa dell’Etna
E anche questo viaggio è ormai giunto al termine. Oggi con la salita Contador che porta al Rifugio Sapienza sull’Etna, concluderemo la nostra avventura su un’isola meravigliosa: la Sicilia.
Un altro viaggio che mi rimarrà nel cuore perchè fra me e la Sicilia c’è un legame molto stretto. Pur essendo nata in Brianza, le mie origini provengono da qui, i miei tratti caratteriali oltre che le connotazioni fisiche rivelano un’ereditarietà con questa isola. Questa consapevolezza mi ha permesso, in questa settimana, di fare il carico di emozioni, di lasciarmi travolgere dalle immagini, i colori nitidi, i profumi intensi, le sensazioni, il cibo, l’affabilità della gente, tutto ciò ha contribuito a riempire il mio bagaglio emotivo.
Non smetterò mai di essere grata a quest’occasione.
Svegliatami come al solito presto, sono scesa dal letto immediatamente. Ho tirato su la tapparella per vedere se si riusciva a scrutare il mare, ma la vista era celata dalla ricca vegetazione del giardino. Ho sistemato per l’ultima volta i bagagli, e dopo essermi preparata, mi sono occupata di Davide.
Scendendo dal letto mi sono resa conto che le gambe erano leggermente contratte. Probabilmente il giro, di ieri pomeriggio, nel centro storico di Noto, mi aveva dato il colpo di grazia.
L’afa, il caldo, la confusione, ma soprattutto la quantità di scale percorse, hanno sicuramente reso più complicato il recupero. Abbiamo camminato molto per cercare di eludere le chiusure della zona centrale, limitrofe alla Cattedrale, occupate da un set cinematografico. Stavano girando un film in costume, Cirano de Bergerac, per cui personaggi insoliti occupavano le strade e i tavolini dei bar. Bar che cercammo anche noi per affogare la nostra delusione con un ottimo cannolo siciliano.
Quanto mi mancheranno.
Noto, mi è piaciuta molto. Merita una visita approfondita che spero di ripetere al più presto. Ovunque monumenti, chiese barocche, piazze, e scale, interminabili scale. E tutto di colore avorio, candido, uno spettacolo.
La visita si è prolungata oltremodo e così io e Pier siamo rientrati tardi in albergo, giusto in tempo per cambiarci e uscire a cena.
Per cui è assolutamente comprensibile e giustificato l’indolenzimento che sicuramente renderà più sfidante la salita verso la cima dell’Etna.
Dopo aver fatto colazione, forse la peggiore degli ultimi giorni, siamo partiti alla volta di Nicolosi. Raggiungeremo in auto la partenza della salita, per poi continuare in bici fino al Rifugio. Sarebbe stata troppo lunga se avessimo deciso di partire, in bici, direttamente da Noto Marina, e volevo assolutamente farmi un giro e possibilmente il bagno, ad Acitrezza.
Alle 9 eravamo tutti in auto e dopo 6 gg di pedalate, mi sembrava strano non montare in sella subito. Così mi dedicai alla lettura della descrizione della salita, di cui trovai anche un video. Giunti ai pressi dell’Etna, trovammo parecchio traffico. La giornata prefestiva e dal meteo perfetto invitava alle gite fuori porta. Peccato, mi sarebbe piaciuto concludere il viaggio con la pedalata perfetta, com’era successo in alcune tappe, dove avevamo incrociato pochissime auto.
La partenza era da Nicolosi, da un piazzale che non riuscimmo a trovare, ma in prossimità del quale, ci fermammo per prepararci. Dalla mia traccia era qui che partiva la salita Contador e dopo qualche centinaio di metri trovammo il cartello che indicava 17km, 1074mt di dislivello con una pendenza media del 6,3%.
Avevo appena finito di leggere che non era una salita da prendere sottogamba, vuoi per la lunghezza, per la pendenza continua e nel nostro caso perchè provenivamo dal giro dell’intera isola. Così non mi posi nessun obiettivo, se non quello di arrivare in cima, pedalando.
Io e Davide V. ci separiamo quasi subito, dopo la foto di rito, con l’accordo di vederci su. Ognuno al suo passo, ognuno con se stesso.
Non nascondo che l’idea mi entusiasma, potrò godermi la salita, in tutta pace, con i miei pensieri leggeri e con la sicurezza di avere comunque il mio Davide al seguito.
L’abbigliamento estivo era perfetto. La temperatura ideale e un sole brillante che illuminava il panorama. Temevo il meteo, visto che qualche giorno prima, durante il Giro d’Italia, aveva piovuto e dalle foto sembrava facesse anche freddo.
Noi concludevamo la settimana con il sole che comunque ci aveva sempre allietato le giornate in sella. Non ci aveva favorito per crogiolarsi al sole dopo la fatica, ma noi eravamo lì per pedalare e per cui potevo tranquillamente ammettere che eravamo stati fortunati.
La salita arrampica subito, ho imparato che la pendenza media è un valore che inganna, e me stavo accorgendo metro dopo metro, si perchè pensare di farlo ogni km voleva dire essere molto più veloce, ma oggi volevo solo contemplare e stare con me stessa, e l’occasione era veramente ghiotta.
Attorno la pietra lavica che a differenza di quella dolce e smussata che limita il mare, qui è irta, spigolosa e rende l’atmosfera irreale. Il colore grigio scuro è interrotto in alcuni punti da pini e stralci di foresta profumata. Sarà la fatica, il respiro a pieni polmoni, ma ti entra in gola tanto è forte l’aroma che si sprigiona nell’aria.
Ogni tanto qualche moto, con il suo rombo irrispettoso dell’ambiente innanzitutto, irrompe nel nulla facendo svanire la magia che il silenzio, rotto solo dal rumore delle ruote che che scorrono sull’asfalto. Mi piacerebbe fermare tutti questi motociclistici spocchiosi, e spesso sovrappeso, per chiedere che gusto ci trovano a farsi la salita senza fatica.
E’ una cosa per me inconcepibile. A parer mio non avrebbero il diritto di godere della soddisfazione di arrivare in cima. Loro non si sono conquistati la cima con fatica e soprattutto non hanno portato rispetto a quella natura spettacolare e magica come solo un vulcano può essere. Una natura alla quale bisognerebbe chiedere il permesso di farne parte.
L’asfalto nuovissimo, probabilmente rimesso a lucido per l’evento sportivo appena passato, era delimitato da muretti in pietra lavica, che ricordavano un po quelli di Lanzarote, bassi, realizzati a secco, e spesso si trovavano sul percorso, i cartelli che dovrebbero essere posizionati ovunque: fare attenzione, ciclisti in allenamento.
Peccato che in pochi rispettassero l’avvertimento. Oggi c’era parecchio caos in giro e tra auto e moto, spesso c’era che incautamente tu superava velocemente e stringendoti.
Ma io cercavo di non farci troppo caso e di godere il più possibile di ciò che stavo ammirando. Un cielo terso, senza nuvole e una vista dall’alto sempre più coinvolgente. Si vedeva il mare, si vedeva Catania in tutta la sua grandezza.
Ogni tanto un saluto a Davide che mi superava, con l’immancabile sigaro e ammirava il paesaggio, così, senza fretta, com’era il mio incedere su quella salita. Pedalata dopo pedalata, la mia mente, i ricordi diventavano sempre più labili per lasciare spazio alle emozioni che stavo vivendo. Ogni tanto davo un occhio al Garmin giusto per vedere quanti km mancavano all’arrivo, perchè da notizie, gli ultimi due sarebbero stati i più massacranti e volevo riservare qualche energia per non soffrire.
Anche se il continuo guardarmi in giro mi riempiva talmente tanto di gioia che il mio serbatoio sembrava essere in continuo riempimento. Era la mia salita ideale, quella impegnativa, ma bella. Bello il paesaggio, il panorama, l’ambiente, un pò come quella che avevo affrontato a giugno, a Bardonecchia. Uno di quei percosri dove sei contento di metterci impegno e non quelli dove spesso mi portano, i miei amici ciclisti, giusto per mettermi alla prova, come per esempio la Valcava. Brutta, insignificante dove è difficile mantenere la concentrazione perchè non riesci a lasciarti trasportare dal panorama circostante, per poi arrivare in cima a delle antenne. Che tristezza!!!
E così, con questo spirito, forte anche dell’influenza ancestrale del vulcano, sono arrivata agli ultimi due chilometri, i più temibili. In realtà non si discostavano molto dagli altri, probabilmente chi ne aveva fatta la descrizione, aveva mantenuto una velocità più alta della mia e alla fine aveva dovuto fare i conti con qualcosa di più impegnativo, rispetto quello che stavo provando io.
Arrivai in cima e trovai tutti ad aspettarmi. Giusto il tempo di fare qualche foto e mangiare qualcosa per poi scendere, in auto, dalla strada percorsa. Si era alzato il vento e le folate improvvise, rendevano un pò più complicato il mio equilibrio.
Davide V. scese in bici e ritrovammo giù, dove eravamo partiti.
Soddisfatti per l’ultima tappa, raggiungemmo Acitrezza, la nostra ultima location. E qui raggiunsi il massimo delle emozioni provate. Acitrezza il luogo dove avevo trascorso l’estati, dove avevo avuto i primi amori, quelli adolescenziali, e dove avrei voluto trascorrere il resto della mia vita.
Ma si sa, la vita è una continua sorpresa e non avrei mai pensato di tornare in Sicilia e girarla con la bici, per cui non è detta l’ultima parola.