Pensieri di Viaggio
15 ‘tappa di Race Across Limits Around Italy: la Puglia delle Cattedrali, da Monopoli a Margherita di Savoia
Un risveglio fantastico, in riva al mare.
Ecco, questa potrebbe essere la mia casa dei sogni, anzi più che la casa (perchè non so se riuscirei a vivere in un camper) questa corrisponde alla vista che vorrei avere tutte le mattine, appena alzata.
Un profumo di mare così intenso da inebriarti i sensi. Il mare color vinaccia, inondato dalla luce di un sole che non vede l’ora di alzarsi trionfante, nel cielo. L’alba che è il mio momento preferito, della giornata, qui è energia pura ed invita all’azione.
Oggi è il 20 luglio e la temperatura lo rivela senza alcun dubbio. La maglia e il calzoncino sono più che sufficienti ad affrontare, quella che si prospetta, una calda e torrida giornata.
Ormai è due settimane che sono via da casa e soffro di nostalgia, sempre più spesso. Nonostante stia pedalando in luoghi spettacolari, assistendo a scenari mozzafiato, non avere Davide al mio fianco, non è così facile da sopportare. Pur sentendoci spesso, la malinconia riaffiora continuamente, condizionando il mio stato d’animo.
Mi sento come se fossi legata ad un filo invisibile, di una lunghezza stabilita, oltre la quale non è possibile andare e che mi richiama verso casa. Una sorta di filo d’Arianna, il cui gomitolo è racchiuso nelle mani di Davide.
E come se non bastasse, oggi Federica prenderà il treno per rientrare a Parma, lasciandomi sola, per un paio di giorni, con Gianni.; fino a che non riprenderemo, a Pescara, Francesca e Pinuccio.
Così dopo averla salutata, sono partita alla volta di Bari, dove alle otto m’incontrerò con un amico di Manuel, ingaggiato perché lui non poteva essere presente. Avrò così compagnia per qualche chilometro.
Lasciata Monopoli, pedalando sulla costa, sono arrivata molto presto a Polignano a Mare. Un luogo ricco di ricordi. Qui ho disputato la mia prima gara di triathlon distanza olimpica, ho fatto il mio primo podio di categoria, ma soprattutto ho condiviso l’esperienza con un sacco di amici che hanno contribuito a rendere fantastica, la giornata.
Esperienza che in parte ho voluto ripetere a maggio, quando assieme ad un gruppo di impavidi ciclisti, abbiamo affrontato le intemperie più assurde, per arrivare da Besana in Brianza, a Polignano a Mare, in nove giorni e oltre 1060km.
Race Across LImits Italy, dal 10 al 18 maggio, con Fabio, Benedetta, Fabrizio, Francesca, l’autista sul furgone e Federico con il ruolo di fotografo e traino della comitiva in bici, quando noi non ne avevamo più.
Riportare alla memoria ricordi così vivaci, aveva sortito l’effetto voluto, il mio umore si era leggermente sollevato.
Arrivata sul luogo dell’appuntamento, in largo anticipo, vista la temperatura dell’acqua nella borraccia già bollente, decisi di entrare in un bar, sul lungomare di Bari. Ordinai un caffè e una bottiglietta d’acqua fresca, attirando l’attenzione delle persone presenti, che incuriosite dall’accento non propriamente del luogo, ma soprattutto dall’abbigliamento ciclistico, si girarono a guardarmi. Sentendomi un po’ in soggezione, feci tutto molto in fretta e ritornai a bordo strada.
Pensandoci bene, di ciclisti sulle strade, non è che ne abbia visti poi molti, anzi, nessuno a dire il vero, soprattutto nelle città, dove il flusso caotico di auto e persone, paragonabile a quello delle palline impazzite all’interno di un flipper, è un sicuro deterrente all’utilizzo della bici.
Non appena feci questa riflessione, arrivarono gli amici di Manuel. Con loro mi sentivo più sicura. Uscire da una città grande come Bari, senza l’aiuto di qualcuno del luogo, presumo che non sia molto semplice.
In fila indiana, spesso doppia, riuscì anche a parlare un po’ con loro e mi confermarono il fatto che chi proviene dal nord ha enormi difficoltà a muoversi in quelle zone.
Mi fecero da guida e mi mostrarono luoghi un po’ meno turistici, tra i viottoli stretti del centri storico di Giovinazzo, una bellissima località a ridosso del mare. Immacolata nelle costruzioni e in contrasto con il turchese dell’acqua.
Mi accompagnarono poi in una panetteria per farmi assaggiare la focaccia pugliese. Era arrivato il momento di una sosta che facemmo in una zona all’ombra assieme a Gianni, che nel frattempo, ci aveva raggiunti.
Non so se fosse la fame ma quel panino mi sembrò buonissimo e mi diede le energie per continuare fino al punto in cui i ragazzi dovettero girare per rientrare.
Continuai così da sola, un po’ intimorita dal traffico sempre più consistente.
Ad un certo punto, mentre stavo pedalando, molto lentamente, consapevole del rischio che stavo correndo, un uomo mi tagliò la strada, attraversandola senza neanche guardare. Io spaventata e infastidita lo ripresi, dicendogli che sarei potuta essere con un auto e avrei potuto investirlo, lui si girò, impassibile, mi guardò come se fossi stata invisibile e continuò imperterrito sulla sua strada.
Fortunatamente, non mancavano molti chilometri all’arrivo e la mia frustrazione avrei dovuto contenerla ancora per poco. Ero allibita.
Arrivai a Margherita di Savoia dopo 130km e 368mt di dislivello, per scoprire che il campeggio era in realtà un posteggio per i pullman che lasciammo nell’istante stesso in cui lo vidi.
Ci trasferimmo così in un altro luogo, più vicino a Manfredonia, all’interno di un invitante pineta a ridosso del mare.
Qui feci la conoscenza di una ragazza francese che stava girando l’Europa, da quattro mesi, in bici, per arrivare a Salerno da una zia. Con il mio francese elementare e il suo italiano d’origine, riuscimmo a comunicare bene e ci raccontammo ciò che avevamo affrontato durante il viaggio.
Entrambe concordi sul fatto che l’Italia è un luogo meraviglioso ma che l’inciviltà di tante persone lo sta rendendo un paese invivibile, deturpato da discariche a cielo aperto, ammassi di pattumiera posti a ridosso di spiagge incantevoli, e ahimè tantissimi cani abbandonati. Non ho mai pianto così tanto come in questi ultimi giorni trascorsi tra la Basilicata e la Puglia, dove più di una volta ho cercato di avvicinare cani impauriti, stesi sul ciglio della strada.
Un paradiso che lentamente sta sprofondando nell’inferno. Una brutta immagine ma che rende l’idea di ciò che ho percepito in questi giorni.
Dopo aver cenato assieme alla ragazza francese, che per sfuggire da una tribù di locali che, con circa una decina di tende, un frigorifero, una cucina portatile, e una quantità smisurata di sacchetti, si era appropriata della sua piazzola in campeggio, costringendola a smontare la sua attrezzatura e spostarsi, me ne andai a dormire molto presto.
Ero troppo intristita dai pensieri della giornata odierna, e per rincuorarmi, mi dissi: domani è un altro giorno.