Pensieri di Viaggio
16 ‘tappa di Race Across Limits Around Italy: da Margherita di Savoia a Campomarino in compagnia dei pensieri.
Ci sono giorni in cui, appena ti alzi, capisci che la tua compagna di viaggio odierna, sarà la tristezza.
Stamattina mi sono alzata così.
Non ho un motivo tangibile per esserlo ma mi sento malinconica. In realtà è qualche giorno che lo sono, da quando mi manca casa. Due settimane abbondanti che sono via e ho ammirato tanti paesaggi spettacolari ma ho anche assistito a tante scene che mi fan pensare che l’Italia stia diventando un paese dove non valga più la pena vivere. Scorci meravigliosi deturpati da qualche incivile che abbandona i rifiuti, cani abbandonati, intolleranza nei confronti dei ciclisti o dei pedoni. Come si fa a non rattristarsi?
Fra una settimana rientrerò a casa. Non che la Brianza sia un paradiso ma quantomeno la pattumiera sul ciglio della strada è un episodio circoscritto, e mai, poi mai, si trovano animali abbandonati. Non ho mai visto cani abbandonati sulla strada.
Per quanto riguarda il rispetto nei confronti del ciclista c’è ancora tanto da fare, ma a parer mio siamo sulla strada giusta.
Ho rivolto un ultimo sguardo al mare, calmo e rassicurante e sono partita alla volta del Molise.
E’ l’alba e la luce è ancora velata da quel filtro che ammorbidisce qualsiasi contorno, tranne le mie occhiaie, che sono sempre più evidenti. Inforco gli occhiali a specchio, per coprire i segni della stanchezza e mi preparo ad affrontare il nuovo percorso.
Dobbiamo toglierci il prima possibile dalle strade che conducono alle spiagge. E’ domenica e temo il traffico vacanziero di fine luglio.
Oggi lascerò la Puglia per arrivare in Molise. Attraverserò pochi paesi, almeno dalla carta e avrò modo di ripercorrere anche qualche tratto visto, a maggio, assieme ai ragazzi della pioggia. Aggirerò Monte Sant’Angelo tralasciando di salire al Santuario di Padre Pio presumibilmente preso d’assalto di domenica.
La gran parte del tragitto è su statale che a quest’ora mi permette di pedalare in tutta tranquillità. Le circolazione di poche auto, la totale mancanza di camion o furgoni, mi permette di assecondare il mio stato d’animo poco brioso, e di vagare senza poca convinzione.
I chilometri sembrano non scorrere mai, forse perché il panorama circostante è assolutamente anonimo e tremendamente uguale. Non c’è nulla che possa attrarre la mia attenzione. Solo ampie distese di campi, o prati incolti.
Esco dalla statale per immettermi sulle strade di campagna e seguo le indicazioni Apricena, mentre Monte Sant’Angelo alla mia destra si erge importante. Dopotutto è l’unico monte in una landa desolata e piatta. Fortunatamente oggi non c’è vento perché su quelle strade, sola, avrei avuto un sacco di problemi.
Non incrocio nessuno per chilometri. Non dico ciclisti, ma neanche auto o mezzi agricoli. Siamo solo io e Gianni, che non mi molla un attimo. Mi precede per verificare lo stato delle strade e per allontanare eventuali cani randagi.
L’asfalto mal messo dimostra, a parte la poca manutenzione, il passaggio continuo dei trattori. Ma di domenica tutto tace. Il silenzio è quasi irreale, o forse, dopo i giorni trascorsi in mezzo al concitato frastuono delle città, il contrasto è molto più evidente.
Sono già due ore abbondanti che pedalo e non ho neanche incrociato un bar. L’esigenza di un caffè è sempre più pressante ma l’unica presenza costante, sono i campi di pomodori, immensi campi di pomodori.
Potrei immaginare di essere su qualche tratto della Spagna, del Cammino Francese verso Santiago, se non fosse che in Spagna, l’asfalto era immacolato, lucente e liscio come una pista da bowling. Però la sensazione di pedalare in mezzo al nulla, senza indicazioni stradali, è uguale.
All’altezza di Lesina, improvvisamente, si materializzano tutte le auto che fino a quel momento non ho incrociato. Ferme al semaforo rosso, incolonnate su lunghe file, in attesa di svoltare verso il Gargano. Tutti in fila composta, diciamo in fila che è meglio, ad aspettare il proprio turno per passare e andare al mare.
Una cosa che non mi riguardava visto che io sarei dovuta andare a nord, verso il Molise. E non appena voltai, trovai finalmente un bar. Una sorta di autogrill, una delle tante costruzioni “in attesa”, di non so cosa ma sicuramente non finite strutturalmente.
Al suo esterno, qualche tavolino, cotto dal sole, attorniato da qualche anziano della zona. Poco interessati al mio arrivo, al mio abbigliamento e alla bici. Sembravano comparse di qualche film in bianco e nero.
Lasciai la bici, in vista, e assieme a Gianni entrai nel bar. Il barista ci salutò appena e ci disse di sederci che ci avrebbe servito lui. L’idea non mi entusiasmava. Quel luogo non mi piaceva e l’unico mio desiderio era quello di riprendere subito la strada.
Bevvi velocemente il caffè e presi dal camper qualcosa di salato da mangiare.
In questi ultimi giorni, la voglia di dolci è stata completamente sostituita da cibi salati. Sarà il caldo, la perdita di sali minerali, ma ho solo voglia di mangiare cibo contenente sale. Così sgranocchio continuamente piccoli taralli pugliesi, facili da tenere in tasca e in mano mentre sto pedalando.
A maggio era esattamente il contrario. La pioggia e il freddo ci spingevano a cercare conforto nella cioccolata che era diventata il nostro doping quotidiano. Non ne ho mai mangiata così tanta come in quei giorni di passione e acqua.
Come se sfogliassi un album di ricordi, vedo i sorrisi, le fatiche stampate sui nostri volti stanchi e sento ancora tutta quell’umidità che ti entrava nelle ossa e che non riuscivi a togliere se non sotto il getto dell’acqua bollente nella doccia. I vestiti costantemente umidi perché non si asciugavano mai e le nostre scorte non erano sufficienti a coprire i cambi giornalieri.
I caloriferi negli alberghi era quasi sempre spenti e le poche volte che trovavamo un asciugasalviette funzionante, lo riempivamo talmente tanto che era inevitabile che non si asciugasse nulla.
Io, intollerante al freddo umido, indossavo più capi, nella speranza poi di riuscire a toglierli sotto qualche raggio di sole, che quella settimana non è quasi mai comparso.
Eppure non c’era mattina che non si scherzasse, che non ci si divertisse con qualche battuta spiritosa.
L’umore era costantemente alto, grazie alla compagnia affiatata.
Entravamo nei bar, grondanti d’acqua, sotto le facce costernate dei presenti, che si chiedevano e a volte rivolgevano la domanda anche a noi, perché, nonostante il tempo così inclemente, noi fossimo in giro a pedalare.
Mi ricordo che in questa zona, avevamo trovato l’unico giorno di sole. Avevamo così deciso di allungare la tappa, la penultima, per poter salire da Padre Pio. Una decisone dell’ultimo minuto che ci era costata cara. L’ impegno fisico imprevisto, dopo i 900 e rotti km percorsi nei giorni precedenti, e il vento forte al rientro ci avevano stremato.
All’arrivo in albergo, senza neanche la forza di andare a cambiarci, io e Fabio ci eravamo buttati nella Nutella. L’unica in grado di darci una sferzata di energia immediata. Quella giornata poi era stata una sorpresa continua.
Davide diretto a Polignano, dove ci saremmo dovuti incontrare l’indomani, in realtà, accordatosi con Francesca, ci aveva fatto la sorpresa e ci aveva raggiunti in albergo. Un toccasana per il mio umore.
Assorta nei ricordi e nei pensieri del viaggio di maggio, ero quasi giunta a destinazione.
Mancava poco a Campomarino. L’ultimo tratto di strada su una statale, un po’ più trafficata vista l’ora, e finalmente la deviazione per il paese, anch’esso in ” attesa” , un paese inconcluso ma con una grande pineta.
Queste pinete a ridosso della spiaggia sembrano piccole oasi nel deserto, che vengono prese d’assalto quando le giornate sono così calde.
Il nostro campeggio è proprio al suo interno.
Anche per oggi, la tappa è conclusa. circa 100km e 430mt di dislivello.