Pillole di coaching
Le emozioni: la nostra tavolozza di colori
Noi siamo fatti di emozioni, quante volte lo abbiamo letto o orgogliosamente affermato?
Ci piace raffigurarci, in modo anche un pò poetico, la nostra vita governata dalle emozioni, dagli stati d’animo, dai nostri comportamenti, e riconoscere che ogni nostra scelta sia dovuta ad una qualche emozione. Salvo poi, considerarle reazioni spontanee agli accadimenti della vita, o all’ambiente che ci circonda, oppure pensare che esse dipendano da come veniamo trattati dagli altri, o addirittura pensare che il meteo avverso possa influenzarle. (non stiamo parlando di eventi catastrofici).
E quindi? E quindi posso affermare, con cognizione di causa, che i nostri stati d’animo dipendono unicamente da noi. Siamo noi che ne possediamo il controllo -locus of control-, perchè dipendono dai nostri pensieri, da come decidiamo d’interpretare ciò che ci accade. Dai filtri che utilizziamo per valutare ciò che ci circonda. Ogni persona vede la realtà a sua misura.
Non esiste un unico modo di vedere perchè nessuno di noi è uguale all’altro.
Per questo motivo ritengo sia fondamentale imparare a riconoscere le nostre emozioni, come le manifestiamo, quali reazioni fisiologiche avvengono in noi e come poterle sollecitare al fine di migliorare la qualità della nostra vita. Sono tutti argomenti affrontati nell’articolo dell’Intelligenza emotiva che a parer mio, e non solo, è una delle capacità fondamentali per vivere al meglio.
In passato, mi è capitato spesso di attribuire il mio stato d’animo negativo al comportamento di altre persone. Capitava che rimanessi delusa perchè mi aspettavo dagli altri, senza chiederlo espressamente, un aiuto che non arrivava, oppure un sostegno che ritenevo di dover ricevere. Quindi passavo dalla delusione per non essere compresa, la frustrazione per non essere considerata fino ad arrivare alla rabbia, nei miei confronti e in quelli degli altri.
Mi facevo dei film mentali in cui gli altri attori recitavano una parte che avevo stabilito io, di cui non erano neanche al corrente. Con l’unico risultato di provocarmi dolore. Perchè il mio stato d’animo influenzava il mio stato fisiologico e il mio comportamento.
Come ho risolto questa cattiva abitudine?
Per prima cosa ho imparato a chiedere e a non dare più nulla per scontato. Poi ho imparato a riconoscere l’emozione che stavo provando, leggendo anche la mia postura, la mia espressione sul viso e a chiedermi per quale motivo la stavo provando.
Mi sono resa conto che le emozioni sono dipendenti dal nostro stato fisiologico, se non stiamo bene è difficile sentirsi gioiosi, che se mi focalizzo su qualcosa che in passato mi ha fatto soffrire, riprovo esattamente la stessa emozione.
Ho capito che riportare alla memoria momenti felici è in grado di migliorare la mia giornata, di rendermi più produttiva e propositiva.
Imparare a gestire le emozioni, ma come?
Sono stati evidenziati quattro modi per gestire le emozioni:
- Evitarle: di solito lo si fa con le emozioni cosiddette negative ottenendo il risultato di privarsi dei messaggi importanti che le emozioni ci stanno dando e nel peggiore dei casi a renderci anestetizzati dal punto di vista emozionale.
- Negarle: ignorare i messaggi delle emozioni non apporta alcun risultato se non far sì che crescano di forza e volume, aumentando la nostra sofferenza.
- Identificarsi: usare l’espressione io sono una persona triste, depressa piuttosto che altro va a permeare tutta la nostra esistenza con l’unico risultato di farci stare ancora più male.
- Gestirle: imparare ad usarle e a trasformarle in strumenti potenzianti, come sono nella realtà. Le emozioni possono essere paragonate alla nostra bussola interna e indicarci quale strada intraprendere per raggiungere i nostri obiettivi.
Le emozioni sono un patrimonio inestimabile, sono al nostro servizio e imparare ad utilizzarle ci aiuta a migliorare qualsiasi aspetto della nostra vita. Non esistono emozioni negative, tutte hanno un risvolto positivo che è quello d’indurci ad agire per cambiare qualcosa che ci sta facendo stare male.
A me piace immaginarle come una tavolozza di colori infinita, dove l’artista, cioè noi, attingiamo il pennello per colorare la realtà che ci circonda.
“non si può trasformare il buio in luce e l’apatia in movimento senza l’emozione”
Cit. Carl Jung
Perchè nonostante le nostre buone intenzioni non riusciamo a mantenere fede ai nostri propositi?
- Forse perchè siamo stressati, oberati d’impegni e aggiungerne un altro sarebbe troppo. In questo caso è d’obbligo fermarsi un attimo e stilare una lista delle cose urgenti e indispensabili da fare.
- Oppure manca la motivazione. Il compito non ci piace, non c’interessa, non lo abbiamo scelto noi. In questo caso dobbiamo cercare di associare qualcosa di piacevole per riuscire a portarlo a termine.
- Abbiamo paura di fallire, di metterci alla prova e di scoprire di non essere all’altezza. Paura e procrastinazione vanno spesso a braccetto. Che si tratti di cercare un nuovo lavoro, conoscere persone nuove, o avviare delle attività importanti, quando si è spaventati si troveranno sempre decine di scuse plausibili per rimandare ciò che si vorrebbe o si dovrebbe fare.
- Oppure siamo dei perfezionisti e piuttosto che non svolgere il compito in maniera perfetta, preferiamo non farlo. In questo caso dobbiamo iniziare e poi aggiustare il tiro strada facendo.
- Ma può anche essere che ci sentiamo intimoriti dal successo: perchè pensiamo di non meritarcelo e ci sentiamo in colpa, oppure perchè temiamo che gli altri, poi, si aspettino da noi sempre delle prestazioni di alto livello e ciò ci provoca stress ed ansia.
Una volta che abbiamo individuato una o più ragioni del nostro rimandare. Non so voi, ma a me è capitato di provarle tutte, dobbiamo imparare a mettere fine a questa cattiva abitudine.
Io ho agito così:
- Mi sono obbligata ad iniziare il compito considerato spiacevole. Il primo passo è stato faticoso ma poi si va d’inerzia e si continua. Inoltre ci si sente immediatamente orgogliosi per essere riusciti a contrastare il desiderio di rimandare.
- Ho cominciato a formulare obiettivi ben confezionati, che rispondessero all’acronimo SMART, per poi stilare un piano d’azione e una scaletta da seguire. Ogni azione o compito portato a termine è stato evidenziato con un colore sgargiante così da farmi sentire capace.
- Ho coinvolto, in alcuni casi, amici o parenti, prendendo un impegno ufficiale con loro.
- Ho suddiviso il compito in tante micro azioni, talmente facili e veloci da eseguire, da non riuscire a trovare scuse plausibili per non farlo.
Insomma, ancora una volta mi sento di affermare che, se vogliamo riuscire a vincere la nostra mente, dobbiamo imparare ad agire di astuzia e trasformarla in un’alleata, perchè averla come rivale varrebbe a dire sconfitta certa.