Pensieri di Viaggio

Race Across Limits Sicily: da Sant’Agata di Militello a Palermo

Come ad ogni nuovo inizio, il primo passo è quello che richiede lo sforzo maggiore, quello di lasciare le proprie abitudini per vincere l’ignoto, superato quello, tutto diventa più semplice.

E’ la prima cosa a cui ho pensato stamattina, al mio risveglio, prima di saltar giù dal letto velocemente. Una volta sveglia, non riesco a poltrire. Sono una di quelle persone che aperti gli occhi è già attiva, per la rabbia di mio marito che vorrebbe pace, assoluto silenzio e soprattutto poter dormire ancora qualche ora.

Così, per evitare di svegliarlo presto, uscì subito dalla stanza.

Il cielo è tinto di rosa, un rosa reso pallido dall’umidità che, non solo è tangibile, ma ha anche impedito ai miei pant di asciugarsi completamente. Un’altra costante di questi viaggi è che la biancheria, seppur lavata ad ogni giro, assume un odore inequivocabile.

Si preannunciava un’altra giornata di sole e io, sveglia e affamata, non vedevo l’ora di rimettermi in sella.

Anche oggi ci aspettava una tappa abbastanza lunga, ed essendo lunedì il mio timore era la presenza del traffico: in lontananza, oltre la risacca del mare, si sentivano i camion che viaggiavano sul provinciale.

Ero la prima ad uscire dalla stanza. Tutto ancora tace.

L’agriturismo è situato in una zona molto tranquilla, con un atmosfera quasi zen, forse per gli ulivi che in lontananza sembrano tanti bonsai. In realtà, in quel momento sperai che almeno uno di loro fosse un albero da frutta, ma ahimè, nulla. Non c’era neanche un orto da saccheggiare e avevo ancora un’ora abbondante davanti a me.

Erano solo le 7.00 e la colazione sarebbe stata servita dalle 8.30.

Feci una passeggiata per sgranchire le gambe e ingannare lo stomaco. La tenuta era molto grande e continuava verso la cima di una collina. Nel posteggio, a fianco alla nostra auto, c’era un auto gialla, un’ammiraglia con la targa tedesca, e quattro bici agganciate. Doveva essere dei nostri vicini di stanza che, arrivati dopo di noi ieri sera, con il loro chiacchericcio mi avevano destata dal sonno.

Dopo la passeggiata, breve a dire il vero, diedi inizio alla solita routine. Sfruttando la luce del bagno che proveniva da un varco nella porta, cominciai a sistemare tutti i bagagli, così da essere pronta subito dopo colazione. Si svegliò anche Davide e poco dopo vidi gli altri ragazzi, vagare come zombie nel giardino, alla ricerca della sala colazione sulla cui porta c’era espressamente scritto che la cucina apriva alle 8.30.

Consigliai loro di cominciare a preparare i bagagli, così non avremmo dovuto perdere tempo poi.

E mentre caricavo i miei zaini, e Davide si accingeva ad accendere il primo sigaro della giornata, il rumore di un auto sulla ghiaia ci avvertì dell’arrivo dei proprietari.

In quel momento mi accorsi che l’unico accesso al ristorante era una rampa, in sterrato e anche molto in piedi, per cui decidemmo che la colazione, lui l’avrebbe fatta in terrazzo vista piscina.

Noi invece raggiungemmo la sala. Vista l’imminente partenza evitai di mangiare troppo, per non appesantirmi, e mi misi in tasca una fetta di crostata, per ogni evenienza.

Alle 9 uscivamo dal cancello, direzione ovest, destinazione Palermo.

Anche la tappa di oggi prevede un lungo tratto di costa ed io ne sono molto contenta. Costeggiare il mare mi da la possibilità di affidare lo sguardo all’infinito e di ricaricare le batterie: aria salmastra e vitalità dell’acqua sono un toccasana per il benessere psico-fisico.

Appena partiti, Davide V. si è posizionato davanti a tirare e mi tocca riprenderlo per far sì che non superi i 30km/h. Ormai ho imparato che durante questi lunghi viaggi in bici, ho bisogno di carburare lentamente. Solo così ho la possibilità di sciogliere la muscolatura e mantenere costante il livello di zuccheri. Per lui è la prima esperienza di questo tipo e gli risulta difficile comprendere alcune dinamiche che, invece, io ho già avuto modo di testare.

Decidiamo di fare tappa a Cefalù, dopo 50km dalla partenza. Ne ho sempre sentito parlare e non mi ricordo di averla mai vista. Inoltre così facendo, ho anche la possibilità di fare uno spuntino prima di rimetterci in sella.

Ci arriviamo prima del previsto. Il traffico, che temevo, non ha pregiudicato la nostra pedalata. Più intenso rispetto a quello festivo, in realtà è sempre stato  ordinato e rispettoso nei nostri confronti.

Dall’alto del provinciale, abbiamo cominciato a scendere verso il mare, e prima dell’ingresso nel centro storico, abbiamo trovato Davide ad aspettarci. C’era divieto di transito e lui avrebbe dovuto fare il giro, mentre noi, essendo in bici, potevamo procedere.

Il centro, dalle case caratteristiche era affollato di gente, nonostante il periodo autunnale. Ottobre è sicuramente il mese ideale per il turista. Fa caldo ma non c’è quell’afa che in Sicilia, nei mesi estivi, diventa intollerabile.

Il pavimento lastricato, reso ancor più scivoloso dalla salsedine, mi obbliga a sganciare i pedali e a riporre molta attenzione alla strada. Così mi rendo conto solo alla fine che, dopo la lunga strettoia piena di negozi, si apre un varco: una piazza enorme (per le dimensioni del paese) alla cui estremità erge maestosa una cattedrale. Giusto il tempo di scattare qualche foto, sotto gli occhi divertiti degli abitanti locali, che il telefono comincia a squillare. Gli altri sono arrivati e ci stanno aspettando.

Seguiamo le indicazioni per il mare, che si trova subito fuori dal centro e troviamo Davide che ci aspetta sul marciapiede a fianco di una gelateria.  Mollo la bici agli altri e con il casco ancora ben allacciato, entro per ordinare la mia prima granita del viaggio: pistacchio e mandorla.

Seduta sul muretto, in fianco a Davide, con lo sguardo rivolto al mare, e il bicchiere ghiacciato in mano, sono in estasi. Mi sento colma di gratitudine  nei suoi confronti, perchè ha vinto il timore di lasciare comodità e abitudini per accompagnarmi in questa nuova avventura. Il mio cruccio più grande era proprio quello di riuscire a gestire la sua disabilità nella maniera più normale possibile. Cosa non facile.

Purtroppo da quando è su una sedia a rotelle, le sue esigenze sono cambiate, è tutto più complicato e temevo di trovare molte più limitazioni in Sicilia, soprattutto per gli alloggi. In realtà, ho scoperto che, dove non si arriva a livello strutturale, l’umanità delle persone è talmente grande che c’è sempre qualcuno disposto a darti una mano e a non farti sentire mai solo.

Ripartimmo da Cefalù dove ci eravamo attardati un pò di più rispetto al previsto. Stare troppo tempo seduti aveva compromesso la forma delle gambe. Toccava rimetterle in moto e anche un pò velocemente visto che il tratto era diventato improvvisamente ondulato.

Cercai di agganciarmi a qualche sensazione particolare, qualcosa che mi desse la possibilità di distrarmi e non pensare alla fatica e mi affidai all’odorato. Uno dei mie sensi più sviluppati e che in questo viaggio veniva continuamente sollecitato, dal profumo intenso di pane appena sfornato che fuoriusciva dalle botteghe, dall’odore del mare, e dalla fragranza dei fiori che coloravano i giardini delle ville e i bordi strada. Aromi che mi accompagnarono per gran parte del tragitto e che cessarono improvvisamente nei dintorni di Termini Imerese.

Ci stavamo avvicinando ad una zona industriale, a ridosso sul mare. Una linea infinita di capannoni senza colore se non per le righe colorate sulle ciminiere. Sembrava di essere in un altro mondo, in qualche scenografia di film apocalittici. Un luogo brutto e inospitale con un traffico elevato di camion e furgoni.

Ma la cosa che faceva più tristezza era vedere il mare. Scuro, cupo, privo di qualsiasi vitalità. Sembrava uno scarico di liquami e il cartello divieto di balneazione posto sulla spiaggia, non presagiva nulla di buono. E per completare la scenografia del film, ad un certo punto, sulla strada vidi avanzare una donna che spingeva un carrello della spesa carico di ogni cosa, abiti, coperte, stracci, con un cane al guinzaglio.

Appena incontrai il suo sguardo le sorrisi, e lei ricambiò mostrando un viso abbastanza giovane. Mi avvicinai senza neanche chiedermi se il cane fosse mansueto e tirai fuori dalla tasca la fetta di crostata, che avevo tenuto per ogni evenienza, gliela diedi assieme a qualche spicciolo rimasto, spiacendomi del fatto che avevo speso il resto dei soldi per una granita.

Mi scusai per il poco che avevo e rincorsi Davide V. che non si era accorto di nulla e non si era neanche fermato.

Mancavano pochi chilometri a Palermo. Ci staccammo dal mare per inoltrarci in una zona più interna, brutta e trafficata. Qui fui contenta di abbassare la testa e spinger sui pedali. Volevo uscirne il prima possibile e ringraziai Davide V, per la veloce scia.

Giunti nella prossimità della periferia, caotica e frenetica, decidemmo di terminare la tappa senza azzardare l’arrivo, in bici, al porto. Fu una saggia decisione, non avrei resistito un attimo in piedi. Le auto e i motorini s’infilavano ovunque e ci volevano prontezza di riflessi e tanta fortuna per non essere travolti.

La 2’tappa era conclusa. Salì in auto con Davide e raggiunsi l’hotel.

Post recenti
0