Pensieri di Viaggio
10 ‘tappa di Race Across Limits Around Italy: in Campania
Stamattina mi sono svegliata a Pompei…ma come a Pompei?
Ci siamo lasciati che ero in quel luogo sperduto e dimenticato da dio, dal nome così poetico, Castelvolturno, e poi?
E’ andata così…
Dopo essere fuggiti a gambe levate, ci siamo diretti a Napoli, per recuperare Federica. Posteggiato il camper (e già posteggiare un camper a Napoli è un’impresa) a 200 mt dalla stazione, abbiamo atteso che arrivasse il treno, che chissà come mai quando lo devi prendere spacca il secondo ma se lo devi aspettare è sempre, immancabilmente in ritardo.
Così ne abbiamo approfittato per fare la spesa, dato che la nostra cambusa è agli sgoccioli. Io e Gianni, in questi giorni da soli, ci siamo arrangiati con quello che c’era. Ma da stasera saremo in tre.
Ovviamente non è mancata la sosta in pasticceria. Napoli è sfogliatella, dolce, profumata e fragrante, e soprattutto irrinunciabile. Addentarla è un tripudio di aromi e ricordi.
Tornando a Federica, sono molto contenta di rivederla. Ha partecipato alla partenza, pedalato con me fino a Viareggio, e poi i nostri contatti sono avvenuti solo tramite WA.
Lei grazie all’amicizia in comune con Alessia, lo scorso autunno, è diventata il braccio destro, social, di Race Across Limits. Ha trascorso lo stage universitario a implementare il progetto e a seguirne la comunicazione.
Lei è una vera triathleta e non tapasciona come me, pratica da diversi anni e con buoni risultati, districandosi fra studi, allenamenti e vita sociale. Una ragazza giovane, ma molto dinamica e sapendo del rientro di Francesca, ha dato la sua disponibilità per sostituirla.
Ed eccola, finalmente, spuntare dalla strada.
Una volta salita a bordo, siamo ripartiti e siamo stati travolti dal colorito e disordinato traffico napoletano: un caos esagerato. Per chi viene da un paese della Brianza, (come me), quasi impossibile da immaginare e talmente pericoloso da farmi desistere dall’idea di attraversare Napoli in bicicletta.
Ci abbiamo messo un’ora abbondante per uscire dalla zona stazione completamente congestionata.
Dovevamo anche cercare un posto per la notte, visto il cambiamento di rotta. Un luogo che fosse, possibilmente, in direzione Salerno, e che avesse disponibilità per una notte, di fine settimana, di luglio.
Non fu affatto facile e dopo diversi tentativi a vuoto, trovammo posto a Pompei.

Ci arrivammo a pomeriggio inoltrato.
Pompei me l’immaginavo diversa. Non che abbia visto chissà che, arrivando, ma anche qui, come a Lourdes, la prima sensazione è quella di essere all’interno di un grande centro commerciale, di souvenir, e solo in un secondo momento si percepisce l’importanza storica-archeologica del sito.
Spero di ricredermi domani mattina all’alba, quando uscirò dal campeggio.
Il campeggio è proprio vicino agli scavi che, almeno questa volta, non potrò visitare. E’ pieno di turisti, soprattutto comitive di giovani francesi, allegri e chiassosi, che mi preoccupano un po’.
Vista l’ora, abbiamo giusto il tempo di rinfrescarci, per poi pensare alla cena. Divorata con tanto di bis e dolce finale.
I miei occhi cominciano a stringersi in maniera inesorabile. Lo stomaco pieno mi concilia il sonno, da sempre. Sono molto stanca e non vedo l’ora di sdraiarmi sul letto. Trascorrere tutto quel tempo sul camper mi ha stancata molto di più che pedalare.
Mentre gli altri sistemano, io vado a prepararmi per la notte e ne approfitto per chiamare Davide.
Domani arriverò a Salerno. Dove diversi amici mi aspettano per accompagnarmi, l’indomani a Potenza, il primo giro di boa verso l’interno.
Prima di addormentarmi, penso ,ancora una volta, a quanto devo essere grata per aver avuto questa opportunità.
Viaggiare in bici ti mostra immagini fantastiche, ti permette di raccogliere tutte le sfumature dei paesaggi e d’incontrare persone con le quali scambiare un cenno d’intesa o un sorriso, accomunati entrambi dalla fatica.
Anche se devo ammettere che in questi ultimi due giorni non ho incontrato ciclisti. Ho affrontato tutto il viaggio da sola, con tante difficoltà: strade sconnesse, traffico insostenibile, vento forte e tanto, tanto caldo.
Ma quando mi viene qualche momento di sconforto, (perché diciamo la verità, quando sei sola è più facile che vengano), penso a quelle persone che assistono il proprio caro disabile, gli ostacoli che da soli devono affrontare, annientati dal dolore ma soprattutto in preda a quel senso d’impotenza, che ti assale, ogni qual volta leggi negli occhi di chi stai aiutando, la sofferenza, e tu non hai le armi per poterla alleviare.
Che è poi anche la mia situazione, anche se avere a fianco una persona che raramente si lamenta della sua disabilità, che cerca in tutti i modi di riprendersi un po’ di autonomia, mi da una grande forza, e mi spinge a continuare a pensare che Race Across Limits può fare molto per portare alla luce questa realtà, la realtà di chi si dedica, in maniera totalizzante, rinunciando a parte della propria vita, ad un’altra persona per far sì che essa possa vivere una vita degna di essere chiamata tale.
Se non ci sei dentro, non lo sai, non lo immagini. Non sai cosa comporta sostenere una persona non più abile. E il tuo ruolo, così importante e fondamentale, diventa un dietro le quinte, il backstage di una vita a fianco un disabile, all’oscuro di tutti: l’invisibile.

Tornando a noi, stamattina, in piedi alla buon ora, mi accorgo che fuori è tutto bagnato. Qui stanotte ha piovuto ed è ancora molto umido.
Perfetto: ci sarà da ridere sui lastroni, lisci come saponette, del manto stradale.
Pedalo con molta attenzione, cercando di evitare manovre brusche e riesco ad uscire piuttosto tranquillamente dal centro storico. Mi addentro nelle periferia circostante e il traffico è in continuo aumento. Ma la cosa che più mi preoccupa è che qui nessuno utilizza le frecce per mostrare la direzione che intende mantenere, per cui, o sei un bravo indovino, o rischi la pelle.
Oggi non ho molto da pedalare per cui posso metterci un po’ di più. Dovrò scollinare per arrivare in costiera e non so se sono più emozionata all’idea di vedere quei luoghi magici o impaurita per le strade.
Attraverso Nocera e mi fermo giusto un attimo per assaporare quell’atmosfera unica, per poi procedere in direzione Salerno.
A Vietri sul Mare rischio di scivolare sul lastricato bagnato, con le scarpette, e la bici in mano. Non posso non scattare una foto su quella balconata. La piazza è gremita di anziani indifferenti al mio passaggio. E sì che non ci sono così tanti turisti, in bici da corsa, su questa strada.
Gli amici di Salerno mi avevano avvisata che d’estate è meglio evitare questi percorsi. Troppo traffico e strade strette e tortuose. Ma non mi sarei mai perdonata di non avere visitato, anche solo per un istante, la Costiera.
Scendo molto cauta, sorpassando le auto in coda e all’ingresso di Salerno mi trovo davanti ad un bivio. Di fronte un senso vietato, a destra un cavalcavia genere autostrada, che non posso percorrere in bici. Ritorno sui i miei passi e un uomo affacciato alla finestra, mi chiede da dove sto arrivando. Gli rispondo che sono in bici da dieci giorni e sto arrivando da Monza e gli chiedo quale sia la direzione corretta per il lungomare di Salerno. Lui pacifico mi risponde: vai contromano, fan tutti così, si vede che arrivi dal nord…
Sorridendo lo ringrazio e accolgo il suo consiglio. Non appena m’immetto nel senso vietato, mi passa a fianco la Polizia Stradale ed è come se non ci fossi. Non mi dicono nulla e io divertita per la situazione, scendo velocemente verso il mare.
Il lungomare di Salerno è incantevole. Rimesso a nuovo, pulito, e con tantissima gente che si allena. Mi fermo al sole per sentire Federica e Gianni e nel momento in cui sto cercando il telefono, mi passano davanti di corsa, Paola e Gianni, i miei amici di Salerno.
Ci diamo appuntamento per l’indomani.
Ben arrivata a Salerno
60 km circa 250 mt di dislivello