Pensieri di Viaggio
20 ‘tappa di Race Across Limits Around Italy: da Bellaria a Ferrara. Dal mare all’entroterra estense.
Se avessi potuto teletrasportarmi, questa tappa l’avrei saltata a piè pari.
Ma partiamo dall’inizio.
La malinconia è sempre più presente, oggi poi è il mio anniversario di matrimonio e mi sarebbe piaciuto essere già a casa e poterlo festeggiare, ma anche quest’anno è andata così. Speravo che Davide in qualche maniera riuscisse a raggiungermi ma prima di sabato non riuscirà a farlo per cui, devo stringere i denti e pedalare questi ultimi chilometri che mi separano da lui.
Complice le poche ore di sonno a causa dell’afa, ho anticipato ulteriormente la partenza da Bellaria, San Mauro, per la precisione, e con la luce già presente, sono andata alla ricerca delle indicazioni per Ravenna.
Con oggi mi allontano dal mare, che ieri non ho voluto neanche vedere, vuoi perché troppo caldo e perché volevo serbare il ricordo di un’acqua cristallina e trasparente, circondata da una sabbia lieve e candida come il talco, della riviera del Conero.
Così ho optato per rilassarmi sotto le mani sapienti di Francesca che ha opportunatamente trattato le zone più contratte che si sono rivelate le spalle. La tensione dovuta al traffico, alle ore trascorse in bici, la carico tutta sulla parte superiore o più probabilmente le gambe sono talmente affaticate che non ci faccio più caso.
Dovevo rimanere concentrata per evitare d’incorrere nei problemi avuti a maggio, quando la traccia prevedeva l’attraversamento di una pineta con tutte le complicazioni del caso. Se non altro, almeno adesso, non avrei avuto problemi con il fango che ci ha invaso in quel viaggio. Ripensando a quella mattina, scoppio ancora a ridere. Spersi in un labirinto pieno di arbusti, fango, sassi e senza apparenti vie d’uscita. Abbiamo perso la cognizione del tempo, o quanto meno, eravamo talmente affranti che non ci chiedevamo neanche più che ora fosse. Non c’era anima viva in giro e il cielo minacciava ancora pioggia.
Dopo un tempo interminabile ci siamo finalmente ritrovati su una strada e da lì, conciati come se fossimo reduci di qualche battaglia, ci siamo presentati in uno dei più eleganti alberghi di Cervia, terrorizzando il direttore. Il nostra abbigliamento grondante di acqua e fango rappresentava una minaccia per i divani in pelle bianca e i tappeti persiani che rivestivano il pavimento in marmo. Avevamo fango anche nei capelli e sul volto. Non dimenticherò mai quello sguardo di terrore…
Ma questa volta ero sola e non mi potevo permettere una variante del genere. Non sarei riuscita a mantenere la calma e a trovare la questione divertente. La mia tolleranza è oramai arrivata agli sgoccioli, un po’ come le energie del resto. Il caldo afoso non mi permette di riposare bene e se non dormo, il mio umore, oltre che il fisico, ne risente.
Così scelgo la variante con maggior traffico e riesco ad uscirne indenne.
Il paesaggio è molto noioso, piatto e i paesi sono talmente distanti l’uno dall’altro che i chilometri sembrano non passare mai. Ovviamente non incontro nessun ciclista, qualcuno con cui poter eventualmente accompagnarmi, sono solo io e le auto che sfrecciano veloci, mettendo a dura prova la mia stabilità.
Chiamo anche il camper per sapere dove sono. Sapevo che sarebbero dovuti fermarsi a far la spesa ma io ero già al limite anche con l’acqua e cominciavo ad innervosirmi. Gli avevo dietro per cui se non volevo fermarmi avrei dovuto cercare un bar. Ma in quelle lande desolate c’era il nulla più assoluto, fino a che il mio sguardo fu catturato dai quei cartelli marroni, indicanti un edificio storico d’interesse: Sant’Apollinare in Classe.
Quante interrogazioni su questa basilica. Alle scuole superiori, i primi anni, non si parlava di altro e decisi di andare a visitarla.
Una costruzione spettacolare, in un sito curatissimo e ordinato, e di fronte un bar. Avrei potuto finalmente fare colazione.
Dopo aver visitato, esternamente, la costruzione, feci il mio ingresso nel bar. Ottenni il solito risultato. Si girarono tutti a guardarmi, incuriositi dalla tenuta, e probabilmente dal fatto che ero in giro da sola.
Contenendo l’imbarazzo ordinai un caffè e un dolcetto. Mi occupai della borraccia e ritornai all’aria aperta ad aspettare i ragazzi.
Non trascorse molto tempo che arrivarono, così decisi di continuare seguendo la traccia. Non mancava molto a Ferrara ed ero talmente annoiata da quel percorso che volevo porre fine a quella sofferenza.
In prossimità di Ravenna, i lavori in corso sulla strada che avrei dovuto percorrere, mi mandarono in tilt e dopo essermi seduta, afflitta, su un gradino, davanti ad un centro commerciale, cominciai a cercare un’alternativa.
Devo arrivare a Comacchio, dissi ad uno stupito passante. Non so quale strade devo fare visto che la traccia porta in mezzo ad un cantiere. Mi diede indicazioni e raggiunta dal camper riuscì a ritrovare la strada.
Ero finalmente a Comacchio dove il clima paludoso rappresentava un invito per qualsiasi insetto volante. Un efficace monito a continuare a pedalare. Le zanzare vanno a nozze con me, nonostante i vari spray e repellenti abbondantemente utilizzati.
Con enormi sforzi, arrivai finalmente a destinazione: Ferrara, la città della bicicletta, ma trafficata comunque.
Il caldo era diventato insopportabile e la vista di una zona alberata adibita a campeggio mi fece rimpiangere l’acqua trovata a maggio.
Si preannunciava una giornata infernale. Il termometro segnava 40 gradi e non bastava l’acqua della doccia a rinfrescarmi.
Anche oggi ce l’abbiamo fatta, con enorme fatica, sono riuscita a ultimare la tappa di 127km, 150 mt di dislivello.