Pensieri di Viaggio

Race Across Limits Sicily: da Marsala ad Agrigento

Stamattina pedaleremo con una guida, Pietro Rallo, un mio amico triatleta ci accompagnerà per qualche chilometro.

Ci siamo incontrati ieri sera a Marsala per salutarci, poichè erano anni che non ci vedevamo, e per definire i dettagli.  Alle 19 in punto, noi uscivamo in auto,  per dirigerci verso il centro della città. Volevamo fare un giro turistico prima di sederci a cena. Pietro, intanto, ci avrebbe raggiunto sul tardi.

Dopo aver posteggiato l’auto ci siamo incamminati nei vicoli stretti. Nel momento in cui ci siamo addentrati, ho avuto l’impressione di essere in qualche altra parte del mondo. L’architettura, l’atmosfera, i colori ricordavano le atmosfere del Marocco. Gli edifici dal colore bianco candido, le vie strette e lastricate di pietra chiara, rese ancor più esotiche dal sapiente utilizzo di luci, dalla tonalità molto caldo, ne rivelavano chiaramente la contaminazione.

Anche gli allestimenti delle vie interne, illuminate da candele sui tavolini e posizionate ai piedi delle vetrine, dei ristoranti, contribuivano a rendere tutto molto magico con un’ atmosfera da mille e una notte.

La temperatura era molto piacevole, invitante per pensare di cenare all’aperto e i tavoli dei numerosi ristoranti, cominciavano a riempirsi.

Noi avevamo prenotato in una vecchia salumeria e gastronomia che, nel cortile interno, ha creato una piccola sala ristorante dove poter gustare il cibo, direttamente sul posto.

Dopo tre giorni, trascorsi a pedalare, e dopo la tappa odierna caratterizzata dal caldo intenso, sentivo la necessità di mangiare qualcosa di molto saporito. Probabilmente il mio fisico stava reclamando il sale ed io ero ben lieta di soddisfare la sua esigenza in questo locale. Non appena siamo entrati, la nostra vista è stata catturata da un lungo bancone ricolmo di ogni ben di dio: caponata di melanzane, peperoni ripieni, salumi e formaggi nostrani, primi piatti, e grossi contenitori pieni di pomodori secchi e olive, insomma c’era da sbizzarrirsi. .

Ordinammo un tagliere enorme, per tutti quanti e in ultimo un cannolo siciliano. All’arrivo dei caffè si presentò  anche Pietro.

Erano quasi le 21 e le mie palpebre si stavano progressivamente chiudendo. Stanchezza e Nero D’Avola stavano prendendo il sopravvento così cominciai a insistere per andare a dormire. Ci misi un pò a convincere il gruppo ma alla fine riuscì nell’intento e tornammo in albergo.

Crollai immediatamente sul letto e dopo una lunga notte di sonno, al risveglio, stamattina, il mio primo pensiero fu quello di calmare l’arsura. Svuotai tutte le bottigliette d’acqua presenti in camera, e non contenta mi attaccai al lavandino. Le olive, i formaggi e i salumi stavano presentando il conto.

Cercai di non disturbare Davide chiudendo, senza far rumore, la porta della camera da letto. Fortunatamente più che una camera d’albergo questo era un mini appartamento per cui fu facile portare avanti le cose, mentre lui continuava a dormire. Sistemai la bici, rimontai la luce posteriore, il Garmin e controllai la pressione delle gomme. Solo dopo essermi vestita, aver preparato i bagagli, svegliai Davide.

Oggi era il suo compleanno, gli feci gli auguri, e decidemmo di festeggiarlo al nostro arrivo, ad Agrigento. Dopo averlo vestito e tirato su dal letto, ci recammo al piano inferiore per fare colazione.

Guardai fuori e mi accorsi che il cielo era un pò velato e i cespugli, attorno alla piscina, fremevano a causa dal vento. La temperatura, leggermente fresca, era perfetta per pedalare.

Ci trovammo tutti a far colazione e, dopo aver lasciato le stanze, aspettammo Pietro nel posteggio. Mi aveva avvertita che avrebbe avuto un pò di ritardo, poichè doveva accompagnare il figlio a scuola.

La tappa di oggi era all’incirca di 150km, e non vedevo l’ora di mettermi in sella. Inoltre Pier scalpitava perchè sperava di poter andare al mare, almeno oggi. Il vento di questi giorni e il mare grosso, non ci hanno favorito. Speravamo che almeno quest’oggi, si potesse trascorrere qualche ora in spiaggia, ma il cielo velato ci rendeva poco ottimisti.

Stavamo controllando la strada e condividendo la posizione quando il clacson dell’auto di Pietro ci avvisò del suo arrivo. Era il momento di partire per la quarta tappa del periplo della Sicilia.

Costeggiammo il mare, percorrendo strade secondarie, fino a Mazara del Vallo, dove raggiungemmo il porticciolo dei pescatori. Qui il mercato ittico era il polo attrattivo per  numerosi furgoncini, auto, gente a piedi, insomma un caos come solo i mercati del pesce in Sicilia, sanno essere. Ci fermammo per un buon caffè, assieme ad un amico di Pietro, per poi riprendere la strada, mentre lui rientrava verso Marsala.

Io e Davide V. trovammo Davide ad aspettarci sul percorso che, una volta essersi sincerato del nostro stato, partì in direzione Selinunte dove avremmo fatto un’altra sosta.

Superato il paese di Mazara del Vallo, seguendo le indicazioni di Pietro,  ci trovammo davanti al deserto. La strada che avremmo dovuto percorrere, per non immetterci nella statale, era ricoperta da un fitto strato di sabbia. Si erano formate delle dune sul lato del mare e l’asfalto era stato trasformato in una spiaggia. Probabilmente dovuto alla presenza di scirocco dei giorni precedenti.

Non avevamo alternative e così m’infilai in un solco, ma persi immediatamente l’equilibrio cadendo in un soffice mucchio di sabbia. La scena fu talmente comica che Davide, che mi stava superando in auto, si fermò in preda alle risate. L’unico suo dispiacere era quello di non essere riuscito a filmare la scena.

Mi alzai completamente ricoperta di sabbia. Strofinai leggermente i vestiti e le scarpe ma evitai di farlo sulla pelle nuda. Non era il momento di farsi il peeling. Davide V. che mi stava dando indicazioni su come rimanere in sella, dopo dieci metri, cadde anche lui.

Provato, ci avevamo provato, era impossibile pedalare e così proseguimmo a piedi fino al termine della strada.

Complice la scena esilarante, mi venne in mente, quando con Martina in Camargue ci capitò una cosa simile. Sulla strada verso Santiago de Compostela, avendo problemi con la traccia, chiedemmo informazioni ad un francese che stava passeggiando. Lui appena riconobbe l’accento italiano, cominciò a parlarci di carciofi alla giudea che aveva assaggiato a Roma e di cui serbava un gustoso ricordo. Noi cercammo di dirottare la discussione sull’argomento strade che ci stava molto più a cuore, in quel momento, facendoci dare delle indicazioni che si rivelarono del tutto errate. Dopo un paio di km infatti, ci ritrovammo in una landa desolata, una sorta di labirinto da cui era difficile uscirne. Pedalammo intorno allo stesso punto svariate volte, su un percorso sterrato, in mezzo ai campi che terminava nel nulla. Avevamo due possibilità per venirne fuori: la prima era quella di guadare un fiume, la seconda di viaggiare in autostrada. Dopo aver girato in tondo un paio di volte, io cominciai a ridere mentre mi ricordo una Martina furiosa per l’inconveniente. La sua stizza scemò solo quando, dal nulla, ad un certo punto comparve un cavallo enorme, nero, che scorazzava libero. La scena era surreale. Sembrava di essere all’interno del libro Alice nel Paese delle Meraviglie, ma era tutto vero. Be quel giorno abbiamo dovuto chiedere i rinforzi e farci venire a prendere, diversamente saremmo ancora lì alla ricerca della strada perduta.

Ridendo, giungemmo al termine per accorgerci che un’altra sorpresa ci stava aspettando: una salita dalla pendenza spropositata.

Perfetto, mi dissi. Siamo solo all’inizio di questa giornata, chissà cos’altro troveremo sul nostro cammino.

Continuammo a pedalare su e giù, fra borghi disabitati, tenute agricole, distese infinite di ulivi e ancora rampe. Le gambe erano sofferenti per i continui cambi di ritmo, ma non c’erano alternative. La tappa di oggi era così, un continuo saliscendi. Il percorso si allontanava dalla costa e si snocciolava verso l’interno. Davide, che non ci mollava un attimo, appena poteva si metteva davanti per schermarci dal vento e fornirci la possibilità di sciogliere un pò le gambe.

Decidemmo di fare sosta a Selinunte, dove non ero mai stata. Mi accorsi solo dopo che la deviazione ci costò parecchi chilometri in più.

Inoltre non ci fu neanche permesso di entrare a visitare il sito archeologico. Le restrizioni causa Covid richiedevano l’acquisto del biglietto on-line e un ligio custode controllava che se ne fosse in possesso. Per cui non potendo fare il giro ci dirigemmo verso il lungomare, per incontrare gli altri.

Attraversammo un borgo molto piccolo e vetusto, caratterizzato da strade strette e tortuose che ci condussero su una balconata da cui si poteva ammirare uno scorcio meraviglioso. Gli altri erano lì, vicini ad un bar, dove avevano chiesto informazioni per poter acquistare dell’olio da portare a casa. Così mentre io e Davide V. riprendemmo la strada, loro si recarono al frantoio. Ci demmo appuntamento a Sciacca.

Pedalando, ad un certo punto, ad un semaforo rosso posto in mezzo al nulla, Davide V. si accostò ad un auto per chiedere indicazioni sulla strada. Lo guardai malissimo. Gli avevo già consigliato, reduce da altre esperienze, di non chiedere informazioni sui percorsi, sulle distanze, a chi non è su una bicicletta. I termini di paragone sono completamente differenti. I parametri differiscono anni luce. Ma Davide V. non stava chiedendo la distanza, che già sarebbe stato un grande azzardo, stava osando ancor di più, avevo chiesto la pendenza di una salita.

Mi girai stupita. Non ci potevo credere e quando il tizio in auto, candidamente rispose che la salita non era impegnativa perchè aveva sì e no una pendenza del 20%, avrei incenerito entrambi.

Guardai furiosa Davide V. e proseguì sulla mia traccia. Avremmo superato la frana, presente sulla strada, per riprendere il percorso stabilito. In bici si poteva tranquillamente aggirare e così facemmo. Non appena scollinammo si presentò un panorama mozzafiato: colline costellate di lunghe distese di vigne, alberi rigogliosi e di nuovo, saliscendi continui.

Mentre io fischiettavo per la gioia di pedalare senza auto, guardandomi in giro alla ricerca di qualche succoso grappolo da assaggiare, Davide V. era impensierito dal fatto che, se ci fossimo fatti male, nessuno avrebbe potuto raggiungerci. Cercai di mantenere la calma e di non dare peso all’affermazione. Stavamo pedalando in un luogo meraviglioso e mentre io mi stavo godendo l’esperienza, lui si preoccupava di ciò che sarebbe potuto accadere. Come cambiano i punti di vista, pensai.

Dopo aver sormontato l’ultima collina rivedemmo il blu del mare. Eravamo oramai in prossimità di Sciacca, luogo d’appuntamento con il resto della truppa. La temperatura si era alzata e il cielo era diventato sereno. Vuoi vedere che oggi saremmo riusciti ad andare finalmente in spiaggia?

Gli raggiungemmo al porticciolo e decidemmo di non fermarci ma di proseguire alla ricerca di una spiaggia. Dopo qualche km, al termine di una pineta, trovammo una lunga lingua di sabbia, dove ahimè, c’era un vento molto forte. Il mare agitato e l’aria fresca c’indussero a rimandare l’appuntamento con il nostro bagno.

Taciturni e mesti per aver dovuto rinunciare, anche quest’oggi, proseguimmo alla volta della Valle dei Templi, Agrigento.

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